Accade nell’amicizia, anche di vecchia data, che alcune dinamiche facciano star male, che ci lascino addosso, dopo un incontro, una sensazione di disagio e frustrazione.
Magari si tratta di atteggiamenti ripetuti nel tempo che vengono guardati con occhi diversi e diventano meno accettabili.
Il comportamento più frequente, quando si vivono queste esperienze, è quello di evitare uno scontro, in nome di quello che c’è stato e del legame che ancora sussiste.
Accade di essere soggetti ad attacchi e di subirli senza ribellarsi. Oppure trovarsi a tacere di fronte a una forma espressiva-aggressiva per non alimentarla ulteriormente.
Sono situazioni che arrivano a turbare, a disorientare, ci si sente confusi riguardo la posizione da assumere e nello stesso tempo il malessere continua a permanere.
Quale atteggiamento adottare?
Si potrebbe arrivare alla sofferta decisione che si tratti di una mancanza di rispetto e di sensibilità non più tollerabile e pur considerando che quella persona per noi possa essere stata importante, sentiamo l’esigenza di allontanarci.
Altra modalità sarebbe cercare di capire meglio cosa stia accadendo trovando degli spunti per riflettere su sé stessi e porsi delle domande.
Gli atteggiamenti della persona amica sono adottati verso chiunque? Si accorge che mi ferisce? Lo fa apposta ad attaccarmi? Perché non mi valorizza anzi tende a screditarmi davanti agli altri? Si interessa davvero a me?
Se poi ci si riuscisse, sarebbe altrettanto importante chiedersi quale sia il proprio contributo alla costruzione di questa dinamica.
Si prova forse invidia per l’Altro per i suoi traguardi, la sua posizione economica entrando in rivalità, competizione, gelosia? Cosa c’è nell’atteggiamento con cui ci porgiamo che scatena queste reazioni?
È duro ammetterlo, ma è una ipotesi che va considerata.
Si sa con certezza che dentro il nostro modo di pensare, vedere, esistono agenti di influenza che non passano attraverso la coscienza, contenuti inconsapevoli che nostro malgrado vengono espressi involontariamente.
Dopo aver considerato tutti questi elementi si può scegliere, se il disagio nella relazione permane, di parlare con la persona interessata.
E qui si apre un capitolo estremamente interessante che rientra nella più ampia sfera delle capacità comunicative e della gestione delle emozioni.
Non è facile acquisire strumenti per affrontare critiche e conflitti in modo costruttivo, possedere cioè quella che oggi viene chiamata assertività. Ci si può però provare e allenarsi.
Tentare di essere più sicuri nelle proprie interazioni significa innanzitutto rispettarsi, trasmettere le proprie argomentazioni senza voler convincere o prevaricare, ed esternare bisogni e desideri.
Un buon punto di partenza è la convinzione di avere, anche nostro malgrado, un ruolo attivo in ogni rapporto sociale e pertanto il diritto e dovere di affermare il proprio pensiero e opinione.
È la modalità che fa la differenza.
Se imparo a usare un linguaggio determinato e sincero, chiaro ed efficace è altamente probabile che si otterranno reazioni positive.
D’altra parte, è questo il nostro obiettivo: ridisegnare nuovi confini nel rapporto.
Le persone nel corso della vita evolvono, mutano, cambiano. Ogni fase e circostanza dell’esistenza ci può portare a vivere l’amicizia in modo diverso. Anche il fatto di rendersi conto di essere incastrati in ruoli rigidi, di percepirsi con una nuova sensibilità e di riuscire a parlarne senza ombre è cambiamento.
Se tutto questo lavorio andrà a buon fine vorrà dire che ne è valsa la pena, che entrambi sono riusciti ad ascoltarsi in profondità e la mediazione sarà riuscita.
Ne scaturirà una maggiore tollerabilità, un affetto rinnovato, resistente alle trasformazioni del tempo e uno sguardo indulgente verso le asperità di ognuno di noi.
Se viceversa, si resta sulle stesse posizioni, senza mostrare consapevolezza delle dinamiche che reggono quel legame, è importante capire se possiamo permetterci un giusto distacco per non sentirci attaccati emotivamente.
L’alternativa a non accettare l’Altro per quello che è, significa lasciarlo andare.
Si proverà dolore, specie se si tratta di una presenza che ci ha accompagnato fin dell’infanzia, ma una volta elaborata la mancanza ne usciremo più forti, con una serenità che contraddistingue le persone che sanno salvaguardarsi e prendersi cura di ciò che accade dentro sé stessi.
Un’attenta autoriflessione potrebbe iniziare ad allargare la prospettiva con cui analizzare il problema. Tuttavia, questa operazione di riconoscimento dei nostri aspetti più profondi spesso necessita dell’aiuto di uno psicoterapeuta.